Rivisitazione di "Divina Torricella"
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Solo in questi giorni m'è venuta voglia di rileggere con attenzione "Divina Torricella" di Tonino Ansaldo, di cui non so nulla (non so proprio chi sia).

divina torricella poesia tonino ansaldo isola del giglio giglionewsEbbene, l'ho riletta con calma e m'è sembrata splendida per tante cose: per come l'ha scritta e cadenzata; per il linguaggio che ha usato, per il termini inusuali di cui s'è servito per "trasferire" immagini, concetti, sentimenti, sensazioni etc. Ma soprattutto per l'amore verso l'isola che tutta la pervade.

E' bastevole, al riguardo, anzi sono bastevoli, i versi finali in cui chiede a Dio (senza far mostra d'alcuna irriverenza), se, stando lassù, abita in un luogo bello come quello che lui ha appena descritto.

Tutta la poesia, è "infiltrata" d'ammirazione per le cose che vede, che sente, che lo circondano. Ad esempio, la descrizione delle pietre della cava che scendono al mare, prima quadre, poi tonde, è geniale. Il termine "truzzola", non ha eguale, così come quello di Cignolonbuco, non esiste neppure nel Devoto-Oli o nel "il Nuovo Zingarelli: Gigante" (Non sarebbe male, in proposito, che la nuova amministrazione istituisse una borsa di studio per la "costruzione" d'uno speciale vocabolario Italiano-Gigliese, che illustri l'ampio e speciale glossario dalettale attraverso cui, spesso, si esprime la gente del luogo). Così come la "riserva" di "sgroncigli", la cima, la boa, la cima "stracquata".

Insomma, la poesia, questa poesia è una cosa assolutamente speciale.

Speciale al punto che avrei voluto averla scritta io. Io che ho la presunzione di ritenere di saper ben scrivere anche di poesia.

Presuntuoso al punto, che, ispirato da Tonino Ansaldo e dalla sua "Divina Torricella" (non so cosa sia e dove si trovi), con tutto il rispetto, la stima, la deferenza e la riconoscenza che debbo al suo autore, mi sono permesso riscriverne una mia personalissima versione, attingendo, a tratti ed in in larga misura, a quella del poeta gigliese.

RIVISITAZIONE DI "DIVINA TORRICELLA"

Pare che, dal cielo, quegli scogli siano caduti lì, fermi e disparsi per volontà di Dio, a far debole diga, a chiudere appena un ridosso.

Nel chiaro, immoto, dell’acqua di cristallo, campano, appunto, lì più numerosi gli sconcigli.

In alto, all’ombra fresca di marittimi “ombrelli” sta, in punta, una villa, immersa nel verde, che, più d’ogni altra, appaga il mio sguardo e mi fa desiderare e trasognare.

La cava antica si sbriciola e “truzzola” pietre divine, più quadre che tonde, lungo un magico stradello che giunge al “bagno”.

Qui…, più tonde che quadre, levigate dal mare, che, breve e lieve sale e discende, al ritmo d’una pendola eterna, fanno un briciolo d’approdo che sembra un tappeto per ogni piede selvaggio.

E mentre, presso riva, guardo bordeggiare, stancamente, quasi fosse una vecchia serpe, una cima “stracquata”, strappata, forse, da una boa dispersa, da cui traspaiano ruggine malata ed, ormai abbarbicate, “filosità” di fondali e scogliere, il mare sembra non esistere più perché, col sole, s’è fuso nel cielo.

Ecco, però, che, nel bianco ristagno, d‘un tronco levigato, che galleggia, “capeggia” un Cignolonbuco, che, strappato alla terra, e trovata una dimora, s’è adattato a navigare, sperando in altra riva come l’uomo.

Dimmi, Dio! Dimmi!: E’ questo, lassù, il luogo ove tu regni e ti riposi?