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Tre eventi in un'unica celebrazione
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UN’UNICA CELEBRAZIONE NOVEMBRINA PER TRE IMPORTANTI EVENTI DISTINTIVI DELL’ISOLA

Tre, delle notizie pubblicate da “Giglionews”, avendomi colpito particolarmente, siccome è prassi comportamentale d’un commentatore, seppur modesto quale io sono, m’hanno sollecitato ad un commento. Commento che, però, per motivi di spazio del sito e per mio scarso tempo a disposizione, per essere elaborato in un unico contesto, avevano bisogno dell’individuazione di fattispeci comuni, quali “chiavi di volta” atte a garantire la “tenuta” dell’arco.

Ebbene, ancorchè possa più o meno aver sbagliato nelle valutazioni (errare umanum est), personalmente ho ritenuto che gli elementi di connotazione da agitare come vessillo comune siano essenzialmente costituiti dal “volontariato” e dalla contestualità degli eventi che si evidenziano nella celebrazione della “Cacciata dei Turcomanni”, avvenuta anche grazie alla discesa in campo di San Mamiliano, onnipresente ed onnisceente per le sorti dell’isola, fin dai tempi in cui il Vescovo di Palermo ebbe a rifugiuarsi a Montecristo, la premiazione riconoscente dei manufattiartistici del semplice “stradino” Brizzi, nonché l’inizio, per così dire, dei “lavori” della “comunità” (sono circa 70) dei nuovi “Misericordiosi”.

Al riguardo, scusandomi preventivamente con chi ha la voglia e la pazienza di leggermi (io ce ne ho messse in grossa misura, visto che m’è toccato riscrivere, nottetempo, un “pezzo” che, già scritto nella precedente notatta, le “bizze” del mio vetusto computer non m’avevano consentito di salvare), se gli accostamenti individuati in merito agli avvenimenti di cui sopra non collimano alla perfezione, mi viene da dire quanto segue, partendo dall’antico, ovvero dal respingimento, verso la fine del 18° secolo dei pirati Turcomanni.

In quella circostanza, se pure è vero che ai Castellani ed a quelli che, all’interno della cinta muraria si erano comunque rifugiati, accorrendo dagli insediamenti limitrofi, la vigoria degli assalti contro i fanatici Misumalmani, allora come oggi, stupratori e tagliagola “patentati, fu, di fatto, imposta da un evidente stato di necessità, è pur vero, che un nutrito numero d’assediati, come riportano le cronache dell’epoca, ebbe particolarmente a distinguersi per “volontà di pugna”, trascinando allo scontro vittorioso i più pavidi, assieme ai vecchi ed alle donne.

Alla stregua del’insorgere di una tale volontà di misurarsi in scontri fatali (anche all’arma bianca) di cui furono protagonisti i Castellani, seppure in circostanze ed in un campo del tutto differenti, per i lquali, affinchè non si ingenerino equivoci, è bene ribadire il detto latino “mutatis mutandis”, ovvero l’allocuzione “de minimis”, anch’io ritengo che il surplus del lavoro che ha distinto e qualificato, l’ordinaria opera del Brizzi, comunque assai importante e comunque meritevole dei più ampi “riconoscimenti”, sia costituito da quelle vere e proprie “sculture” che, qua e là, insorgono ai bordi della strada, insorte in modo estemporaneo dai meandri misteriosi d’una sua “gnosi” artistica, che ti attrae già al primo “impatto” (personalmente ebbi a notarle, verso la fine degli anni ’70, in occasione del primo incontro, a Campese, con il plenipotenziario della S.I.R.M.E.T.)

Gloria, quindi, ad una persona, modesta d’aspetto quanto tetragono, duttile, fantasmagorico e visionario nelle spressioni del suo originale lavoro, arricchitto dall’arte, cui può essere fatto un solo “appunto”: le sue creazioni sono talmente belle che, talvolta, attraggono lo sguardo al punto dal distrarti dalla guida.

E come, contestualmente, non compiacersi e plaudire con entusiasmo ai nuovi “misericordiosi” di cui pure abbiamo già scritto, visto che sono così tanti dal costituire, a mio parere, un record assoluto, quantomeno se li si rapporta al numero degli abitanti, così come, del resto, almeno per gli anni ‘50, ’60 e ’70, fu per i donatori di sangue del comparto teritoriale che faceva capo al centro trasfusionale dell’Avis di Orbetello, che addirittura mandava le eccedenze di sangue raccolto attraverso i suoi donatori, non solo a Grosseto, ma addirittura a Firenze ed al Policlinico “Umberto 2°” di Roma (posso ben dirlo, in quanto io stesso, in occasione dei miei viaggi di studio presso l’Università “La Sapienza”, sono stato spesso latore di consistenti quantitativi di sangue al Reparto di Ematologia dell’importante ospedale capitolinio, effettuati attraverso capienti “valige termiche”).

Un grazie di cuore, quindi, a questi “Angeli” della Misericordia su cui, seppure speriamo di non aver mai bisogno, sappiamo, alla stregua d’una seria assicurazione, di poter contare fino in fondo, visto che hanno portato a termine il loro addestramento.