ISOLA DEL GIGLIO
Sono tanti i gigliesi sparsi nel mondo, ognuno con una propria storia da raccontare.
Noi abbiamo deciso di raccontarvi ogni settimana la storia di Alessandro Bossini, un isolano partito dall'Isola del Giglio verso l'Australia per esplorare il continente oceanico in un modo insolito: con un sacco a pelo, una bicicletta (fedele compagna di viaggio) e tanta voglia di esplorare il mondo.
Alessandro non è nuovo ad avventure stravaganti ed originali, ultima delle quali è il viaggio in bici da Valencia a Firenze attraversando in poche settimane i più variegati paesaggi pirenaici ed alpini.
Dunque, con cadenza settimanale, vogliamo rendere partecipi tutti coloro che ne sono interessati del suo "Australian Trip" attraverso i racconti che egli stesso ci fa pervenire riguardo le sue intriganti avventure che ogni giorno si trova a vivere.

CAPITOLO 30 (Emerald):
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13-03-06
Sono a Emerald che aspetto l'apertura del bike-shop.
Ieri e' stato fantastico!
Nel primo pomeriggio Apollo suonava il saxofono seduto sul suo cocchi infuocato, l'ora vibrava sui profondi accordi del dio ed io assistevo al concerto dall'ombra di un pergolato a Dingo (tre case intorno ad un distributore).
Finito il calore degli applausi qualche biscotto, due tazze di caffe (caffe' solubile... ma gratis!) e pronto per partire.
Nello snack bar la ragazza alla cassa mi guardava incuriosita.
-Da dove vieni?-
-Da Adelaide- Rispondo. -Sono in viaggio per Darwin.- Un attimo di silenzio mentre un espressione di stupore gli compare sul volto.
-Ma e' lontanissimo... perche' vuoi andare fin lassu'?- -...perche' credo ci sia qualcosa di magico nel viaggio e percorrere queste terre mi da un senso sconfinato di liberta' ...e' come sprofondare nella natura, negli odori, nella luce di sole e stelle. Perche' sono curioso, perche' voglio vedere e conoscere.- Provo a spiegarmi cosi', con frasi spezzate ma cariche di entusiasmo.
La cassiera sospira, come per dire <<povero matto...>>.
<<Beh>> penso, <<se devo passare per pazzo voglio farlo con stile...>>.
Accostandomi al banco gli faccio un sorrisino.
-Questa e' la scusa ufficiale...- Dico. -In verita' mi hanno rapito gli alieni e vogliono che attraversi il deserto per vedere se la razza umana puo' sopravvivere al clima del loro pianeta!- Inarcando le sopracciglia sembra apprezzare piu' questa spiegazione che la precedente.
Non importa. Pago ed esco salutando.
Credo di iniziare ad adattarmi ai nuovi ritmi di viaggio.
Scesa la sera una brezza ha cominciato a soffiarmi alle spalle, la lunagalleggiava in un mare di perla ed in neanche cinque ore avevo percorso 150 km!
Ma viaggiare di notte richiede grande concentrazione.
Nonostante il chiarore del cielo la strada e' nera di pece e pericoli attendono ad ogni giro di ruota.
I sensi tendono i loro tentacoli tutt'attorno... la bici diviene un'estenzione del corpo ed ogni muscolo e' teso per compensare improvvisi sbalzi del terreno.
L'udito cola sugli anelli della catena, sui denti dei cambi... ogni cigolio e' un campanello d'allarme, cosi' per le macchine che sorpassano o per i fruscii improvvisi nell'erba.
Persino l'olfatto diviene prezioso... nell'oscurita' l'odore avverte della presenza di carcasse prima della vista, ed e' piu' semplice schivarle.

14-03-06
<<Benvenuti a Longreach... -si legge all'entrata di questo paese- ... la porta dell'outback>>.
Da qua in avanti ho bisogno di tutta la concentrazione e la forza di volonta' che posseggo.
Non posso piu' permettermi soste a piacimento, non bastano piu' i 200km giornalieri. Un paese dista dal'altro anche 280 km. In mezzo il Nulla. Ne' cibo ne' acqua, nessun negozio ne distributore.
Il sole e' un rapace che insegue la preda e quando la raggiunge lontana da un'ombra scende in picchiata per succhiarne l'anima.
Stanotte voglio restare in paese. Sono troppo assonnato... e' tre giorni che non dormo. Riesco a pedalare la notte ma non a dormire con la luce.
Forse colpa del caffe', del troppo caffe' dopo due mesi di astinenza.
Ma adesso basta. Non vogliio scrivere oltre che le mosche mi importunano nonostante il ronzio della mia testa sia piu' rumoroso delle loro ali.
Forse piu' in la', forse domani, forse a parole... raccontero' degli ultimi incontri notturni, del cimitero di canguri e di una famiglia riunita da un opale."

CAPITOLO 31 (Il singulto della vastità) :
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15-03-06
Winton
Campi di cotone rotolavano in ogni direzione ed il bianco inciampava su altipiani che dormivano in lontananza come vecchie pantofole.
Stavo uscendo da Emerald per fissare la tenda in un luogo tranquillo...
Cerca cerca ma nulla nelle vicinanze.
Era piacevole tuttavia pedalare, i colori del tramonto offuscavano la stanchezza ed il sonno era scomparzo.
Ad Est un immacolato sipario di nuvole strusciava sul terreno scurendosi nel tappeto di cotone; ero in mezzo a tutto questo e lo respiravo a pieni polmoni.
Poi il sole inizio' ad appiattirsi ed al tikitik delle cicale rivedevo la magia delle pitture aborigene.
Forse non riusciro' a rendere l'effetto... non c'erano solo immagini.
La strada procedeva diritta inarcandosi solo nella curva terrestre, il paese era scomparso da tempo e con lui ogni traccia di presenza umana.
Al panico si innestava la quiete, attorno un vuoto senza barriere. Non un albero a frenare lo sguardo che iesorabilmente affogava lontano.
Terra secca, dissestata, con radi cespugli distanti l'uno dall'altro centinaia di metri.
Il mondo si piegava in una sterminata fronte e l'arancione che irradiava era la febbre di un malato morente. Non era tanto la bellezza di nuove forme quanto il singulto che la vastita' provocava dentro il petto.
Ma no... non riesco a darne un'idea. Per anni ho sognato di vivere questo spettacolo e poi, trovandomi d'improvviso parte del dipinto, mi accorgo che i miei occhi son piccoli per questo immenso ed il cuore a stento non affoga.
Arrivarono le stelle, poi la notte... ancora.
Non c'erano luoghi adatti per sdraiarsi, il terreno era brullo e spigoloso, potevo solo procedere.
Nessun abbagliante mi sorpassava, non c'era vita sul pianeta, solo il timore che abbracciava lo stupore.
<<Cosa faccio se piove...Adesso sta' iniziando la stagione dei monsoni, la stagione delle grandi piogge. Nessun riparo... sopra l'infinito, sotto fango secco, in mezzo io che pedalavo verso i Territori del Nord.
Qualche ora di sonno e riparto con la Luna dall'altro lato della strada. Era perfetta nel colore, ruotava le braccia in un grande cerchio ma lo sguardo fissava altrove e non schiudeva per me le sue labbra.
<<Perche' non parli, o Luna? Perche' non mi sussurri parole come fai dagli scogli del Giglio?>> Nulla. Il cigolio della ruota forse ne copriva l a voce. Si... tutta colpa della ruota... NOnostanta il meccanico l'avesse riparata era tornata a cigolare. Un raggio si era rotto ed il biciglettaio piu' vicino era a Mt Isa (480 Km).
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CAPITOLO 32 (Via da Winton) :
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16-03-06
Cloncurry
Nonostante sia cresciuto in un'isola, girando per le vie di Winton mi e' venuto da pensare: <<ma come fanno a vivere qua?! Non c'e' nulla>> Di giorno e' troppo caldo per ucire e nel buio della sera tutte le porte si chiudono. Ma e' stata una domanda scioca, senza risposta.
Si possono attraversare continenti, nuotare nel caos delle metropoli e tuttavia essere insoddisfatti.
La gioia di vivere nasce dall'interno e non dai mattoni delle case...
Esco dal paese con la Luna rossa che si nasconde dietro un tanga di nuvole, il ponte e' la sella di un serpente addormentato e mentre tutto tace qualcosa schiamazza nell'acqua.
Mi fermo. lo sguardo scruta in profondita' e nella sponda destra cinque ragazzi giocano con enormi salvagenti...
Per qualche istante immagino di essere la', tra loro, di fare il morto a galla aspettando magari una mamma che brontolando grida:
-E' pronto. A tavola!-
Poi sorrido, ricambio il saluto con la mano e via, verso altre nuove piccole grandi cose.
I minuti passano lenti ed ancora l avoglia di pedalare non si sveglia.
Mai viste tante mosche in vita mia, neanche d'estate, quando rimasugli di pesce si seccano tra le nasse dei tramagli.
Ronzano nei capelli, curiose camminano nelle orecchia, nel naso e negl'occhi.
<<Tieni la bocca chiusa... Tieni la bocca chiusa...>> Mi ripeto.
Fortunatamente tempo fa un amico mi aveva regalato uno spray repellente.
E' nello zaino, mi fermo per prenderlo.
Allle spalle il motore di un'auto si avvicina, e' la prima in due ore!
-Tutto ok?- Mi domanda un ragazzo.
-Mica tanto, ho una ruota storta- Rispondo.
320 km dopo ero a Cloncurry.
In macchina non ho apeto bocca,non sono certo stato di buona compagnia per Mike, meccanico sui 23 che per il fine settimana andava a trovare i genitori.
Durante le tre ore di viaggio ho fissato il parabrezza che si colmava di falene... ogni 20/30 minuti ci fermavamo per pulirlo!
Come avrei fatto senza questo pasaggio?
Praterie immense pascolavano a perdita d'occhi, terreno piatto e tracce di pantano affioravano qua e la'.
<<Non ho possibilita di sopravvivere se questo e' il territorio!>> penso appoggiandomi al finestrino.
-Non preoccuparti. Questo e' il tratto piu' brutto. Da domani troverai alberi e montagne...- mi dice sorridendo.
-Montagne!?!- Faccio io.
-Si- Risponde -Ma sono bellissime.-

17-03-06
Mt Isa
120 km in bici ed eccomi a Mt Isa.
Probabilmente sono noioso nelle descrizioni ma mi trovo in un luogo cosi' particolare e differente dai precedenti che mi e' difficile non spendervi qualche riga.
Alberi colline cavalli e vitelli...
La strada ha sbalzi d'umore, starnutisce discese improvvise mentre mucche curiose sculettano impaurite al muggito del mio saluto.
E torri di terra sorgono piu' fitte della egetazione... termiti credo, come in un cimitero, rosse dalle differenti dimenzionio puntellano il parque' di rocce.
Rosso ruggine, rosso sangue, scalinate di pietre salgono in cocuzzoli appuntiti, sono spine, sono capelli di un punk.
Non aggiungo altro a queste nuove forme, solo che qua le nuvole al tramonto sono una gigantesca medusa, liscia del color di una cipolla e leggera trai tentacoli di luce.
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Isola del Giglio CON UNA BICI ... ATTRAVERSANDO L'AUSTRALIA 1