Spett.le Redazione di Giglio News, nel ringraziarVi sempre per il prezioso lavoro che fate informando tutti coloro che sentono il Giglio come un faro e che da ogni parte del mondo nutrono un amore particolare per la nostra isola (da giugno scorso posso infatti fregiarmi dell'onore di potermi definire gigliese anch'io...), desidero inviarvi una breve nota che Walter Rossi ha letto stamattina alla Conferenza sul Turismo.
Si tratta di un argomento che mi sta molto a cuore, nell'ambito delle attività del Museo che da luglio dirigo, in quanto è un progetto che coltivo da tempo e che vorrei poter realizzare quanto prima nella nostra isola, per ampliare l'offerta turistica e per offrire ai turisti "non solo mare" dei percorsi sempre più affascinanti e coinvolgenti, come quelli che l'Isola mi ha offerto fin dai primi passi "a spasso per i sentieri".
Un grande abbraccio e salutatemi il Faraglione!

Alessandro Fei Direttore del Museo della Mineralogia e della Geologia dell'Isola del Giglio

Per un turismo fuori dal turismo

Nel porgervi i miei saluti e i migliori auguri per un sereno e proficuo svolgimento dei lavori del Convegno, mi scuso per non poter presenziare in quanto costretto a Firenze da inderogabili impegni di lavoro.

E’ passato molto tempo da quando percorrevo i sentieri del Giglio guidato solo dalla “tavoletta” IGM del 1952, scoprendo il fascino delle scogliere remote, dei panorami mozzafiato, dei profumi e dei colori “lontani” da quell’asse Porto-Castello-Campese che tanto affascinava i miei coetanei, intenti solo a bivaccare per tutta l’estate sulla spiaggia o sugli scogli. Per molto tempo nomi come l’Appiata, i Castellucci, Labredici sono stati il simbolo delle mie piccole conquiste, di quei luoghi remoti che ero riuscito a raggiungere con le mie gambe, talvolta facendomi largo tra i rovi o addirittura ricostruendo “a lume di naso” quella traccia indicata dall’anonimo cartografo venti anni prima.

Moltissimo tempo è passato rispetto a quando mi sentivo una mosca bianca a giro per i sentieri, è cambiata la mentalità dei turisti: durante una campagna di rilevamento di affioramenti limonitici nel granito effettuata nel giugno di pochi anni fa ho provato una grande gioia nell’incontrare gruppi di turisti in perfetta tenuta da trekking che salutano nel più perfetto stile montanaro, o nel vedere sulla Panoramica escursionisti armati di alpenstock e scarpe da ginnastica diretti verso il sentiero per il Capel Rosso o infine improvvisati naturalisti acquattati fra le frasche, armati solo del binocolo, rapiti da un’emozionante matinée di birdwatching al Fenaio. Il tutto in un periodo che solo pochi anni fa era ancora detto fuori stagione…

“In questo inizio di XXI secolo” – pensavo – “i sentieri si sono finalmente ripresi il loro spazio”, ed ora gli strabilianti panorami dei “poggi” oltre la Pagana al tramonto, il profilo armonioso della costa che dall’Arenella si snoda verso il Fenaio, i giganteschi monoliti delle Porte e della Cote Ciombella, gli scogli a picco del Capel Rosso, la rupe della Penna che sembra tuffarsi in mare sono diventati patrimonio di molti, parte integrante del fascino romantico e selvaggio che da sempre ci regala la nostra Isola. Provate a chiedere al primo turista che scende dal traghetto se è interessato ad osservare il volo del falco pellegrino piuttosto che assaporare il profumo della macchia mediterranea o rilassarsi nei prati pieni di profumati fiori della Pagana: vi risponderà sicuramente di sì, che questo è un bellissimo modo di avvicinarsi alla natura; anzi, ci sarà sicuramente qualcuno che aggiungerà che queste sono le cose importanti della vita, che generano benessere… il tutto sullo sfondo di bellissimi panorami.

Ma siamo sicuri che gli scorci, i panorami possano offrire solo romantica bellezza? Mi sono trovato spesso ad accompagnare gruppi di amici a fare il giro dell’Isola o “a zonzo” per i sentieri: vuoi per l’amore che da più di trent’anni provo per la nostra Isola, vuoi per la “vocazione” di insegnante, mi sono trovato mio malgrado a fare da guida improvvisata. E siccome le Scienze della Terra da sempre sono il mio “pane quotidiano”, ho finito per illustrare ai miei ospiti l’affascinante geomorfologia isolana, i piccoli e grandi segreti connessi con la forma e l’ubicazione delle rocce, delle scogliere, i segreti e le curiosità della litologia gigliese. E che sorpresa è stato vedere negli occhi della gente lo stupore mentre spiegavo loro l’origine del Faraglione o dei massi erratici delle Vaccarecce, il fascino dei resti maestosi delle cave della costa est, la meraviglia davanti alla misteriosa pinite, “marchio di fabbrica” del granito gigliese, quando hanno saputo che su questo minerale gli studiosi si stanno dibattendo da più di centoventi anni...

Sono queste esperienze che mi hanno suggerito di proporre agli amici della Pro Loco il nuovo obiettivo che il Museo della Mineralogia e della Geologia dell’Isola del Giglio si propone di realizzare, dopo la fortunata mostra sulla Miniera Franco: l’allestimento, al Giglio, di sentieri geomineralogici nei quali il visitatore trova una serie di cartelloni in cui si illustrano le rocce incontrate nel percorso, si danno informazioni sui meccanismi litogenetici e sui processi endogeni che hanno dato origine all’Isola così come la vediamo oggi, e le curiosità storiche, scientifiche etc. connesse con le rocce gigliesi.

Un primo passo potrebbe essere quello di attrezzare la strada che dal Porto, attraversando Bonsere, raggiunge la Cala delle Cannelle e poi si diparte verso la Cala delle Caldane: un modo “diverso” e piacevole per ammirare la costa ed alla fine concedersi un bel bagno in una delle spiagge più belle d’Italia.

Oppure si potrebbero sfruttare i pannelli in legno posti lungo la Provinciale: i panorami che si ammirano da quelle piazzole di sosta, oltreché mozzafiato, sono un trionfo di geomorfologia granitica!

E inoltre a Campese si potrebbe pensare ad un “sentiero” che partendo dagli scogli della Torre – ammirando, al Fondaccio, ciò che resta delle antiche rocce di copertura del granito – arriva alla spiaggia – vero scrigno della mineralogia gigliese e vero e proprio “manuale” dei meccanismi di erosione delle onde – e da qui ai Castellari di Campese, sede delle capanne dei primi minatori vissuti in età preistorica, fino alle gocce d’acqua, le magiche stalattiti presso La Marina del Giglio, per finire con le vestigia della miniera.

Ci sarebbero tanti altri itinerari possibili, fuori e dentro il Parco. Tutti per venire incontro ad un’esigenza di turismo, come si diceva all’inizio, fuori dal turismo propriamente detto, un modo diverso e del tutto nuovo di interagire con l’Isola, vista non più come scenario paradisiaco ma come un libro aperto sul quale poter leggere i segreti della natura.

Chissà, forse in un tempo non troppo lontano potremo inaugurare il primo Parco geomineralogico della Toscana…

Firenze, 13 ottobre 2006

Alessandro Fei
Direttore del Museo della Mineralogia e della Geologia dell’Isola del Giglio