Si trasmette un interessante intervento dell'Onorevole Renzo Moschini, già Presidente del Parco di Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli, direttore della rivista "Parchi" ed al quale si debbono numerose pubblicazioni e libri sulle aree protette terrestri e marine e sulla loro gestione.

Legambiente Arcipelago Toscano

Parco dell´Arcipelago tra curiose prese di posizione e scoperte dell´acqua calda
di Renzo Meschini

Nel dibattito – quando lo è e non è cagnara allo stato puro - sul parco dell'Arcipelago si incrociano curiose prese di posizione.
Ora ha fatto la sua comparsa anche quella di un illustre biologo 'disinfettato dal mondo politico e da quello ambientalista' (credenziali evidentemente da vero Vip!) che riportando opinioni non freschissime di colleghi (Da Pozzo è anche un mio amico che per anni ha fatto parte con me del consiglio del parco di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli) mostrerebbero fra le tante altre cose la intrinseca fragilità dei parchi in quanto chiamati generalmente ad operare su terreni non di proprietà. Cosa ci sia di peculiare in questo aspetto che riguarda alla stessa stregua qualsiasi intervento programmatorio dei comuni, delle province, delle regioni nonché dello stato chiamati a decidere usi e percorsi non certo solo per ciò che gli appartiene.

Il piano del parco (a terra come a mare) deve prospettare – alla luce di un confronto serio e vero con tutti gli interessi in ballo - il modo di gestire più responsabile e ambientalmente idoneo quel territorio. Per intenderci; nel caso dell'Arcipelago perché non si continui a dare troppo lavoro ai magistrati. Del resto è quanto debbono fare – con le dovute differenze per le diverse finalità - un piano regolatore, una piano territoriale di coordinamento delle province, un Pit etc. etc.

In questa presa di posizione c'è anche un'altra perla e si riferisce alla protezione a mare. Dopo avere vantato ponderosi studi dal costo altissimo raccolti in 4 grossi volumi l'autore si chiede come si possa proteggere il mare che richiede personale (e non solo nelle aree specialmente protette) e dai perometri così sfuggenti. Mi chiedo cosa è stato studiato in questi grossi faldoni se non si è in grado rispondere a questa 'elementare' domanda. Consiglio la lettura dell'ultimo numero del National Geographic che parla proprio di queste esperienze all'estero e dei problemi del nostro santuario dei cetacei.

La conclusione di questo armeggiare è degna della scoperta dell'acqua calda; i parchi vanno fatti se sono utili altrimenti meglio non farli.

Ci sono voluti tutti quegli studi per scoprire a trent'anni dalla istituzione dei primi parchi regionali e a sedici dall'entrata in vigore della legge quadro questa fulminate ovvietà?