Campese: reperti raccontano 10mila anni di storia

Un centinaio di reperti di Giglio Campese, raccontano 10.000 anni di storia isolana

Da alcuni giorni è uscita sul numero 35 del periodico "Studi per l’Ecologia del Quaternario" diretto dal Prof. Edoardo Borzatti von Lӧvenstern dell’Istituto di Paleontologia Umana dell’Università di Firenze, una nota di studio archeologico-scientifica sull’Isola del Giglio, curata dal  Prof. Mario Brandaglia.

Con questa nuova pubblicazione siamo ormai giunti intorno al 40° intervento scientifico (fra note di studio sulla preistoria, monografie, documentari -video, mostre, relazioni) prodotti  in oltre 40 anni  di studi,  dal nostro studioso. Studi e ricerche iniziate in tenera età, in compagnia di  suo padre Ottorino Brandaglia, nativo di Arezzo, unico fotografo dell’isola, grande cultore della storia isolana, primo estensore di un opuscolo storico turistico sull’isola e fondatore negli anni '50 della locale Pro Loco, mai interrotte ed attualmente ancora attive. Le indagini in generale, hanno riguardato l’intero territorio Isolano e lo specchio di mare antistante le coste del Giglio, e sono state svolte attraverso centinaia di prospezioni in loco, che hanno portato alla raccolta di importanti materiali preistorici e di età storica, culminate con la scoperta ed il recupero di un deposito di utensili litici ricavati da cristalli di quarzo e di ceramiche cardiali impresse, risalenti alla cultura del Neolitico Antico, pubblicate anche sul volume ”Le Ceramiche impresse nel Neolitico antico, Italia e Mediterraneo” della Soprintendenza Speciale al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini”, della Zecca dello Stato e che ha avuto fra gli illustri curatori, l’attuale Soprintendente per i Beni  e le Attività Culturali della Toscana, Prof.  Andrea Pessina.

professor mario brandaglia studioso archeologia isola del giglio giglionewsIl Prof. Mario Brandaglia ci fa notare, e questa è la notizia che illumina molto la sua attività e la sottolinea CON UNA CERTA VALENZA DI ALTISSIMO VALORE UMANO ED ANCHE SOCIALE, che le sue ricerche e gli studi per le pubblicazioni, tutte impreziosite da un paziente e personale lavoro illustrativo con decine di disegni ad inchiostro di china, non hanno mai gravato sul bilancio di Enti Pubblici o privati, in quanto non ha mai percepito sovvenzioni o finanziamenti da chicchessia.

La nota attuale, composta da circa 20 pagine  di cui 9 tavole illustrative ed il resto da descrizione analitica e tipologica dei materiali, riguarda una ricerca svolta nell’area di Giglio Campese nel corso degli ultimi 13 anni, focalizzata sui cumuli di materiale di risulta, provenienti da alcuni dragaggi prodotti  nella zona cosiddetta del  porticciolo, antistante la maestosa torre medicea. Lo studio dei materiali raccolti testimonia con una certa evidenza, come in un singolo sito dell’isola del Giglio si siano concentrate quelle culture che da qualche millennio hanno interessato i paesi e la stessa storia del bacino del Mediterraneo.

Sono infatti presenti manufatti litici preistorici, frammenti ceramici d’impasto non depurato, oggetti in bronzo e di piombo, scorie di ferro e vasellame comune tipici del periodo Ellenistico, manufatti etruschi, frammenti di anfore Greco-Italiche, di anfore romane e del periodo tardo antico, infine ceramiche di età medioevale e rinascimentale. E’ stata rilevata la presenza di un certo numero di manufatti litici, riguardanti utensili in quarzo, in selce ed alcune schegge di ossidiana accompagnati da nuclei in quarzo ed in diaspro di produzione locare,  in quanto provenienti da materie prime presenti sul posto, mentre l’ossidiana e la selce, provengono dall’esterno dell’isola. Lo studio petrografico e l’analisi tipologica dei manufatti litici hanno indotto lo studioso ad avanzare l’ipotesi di un loro accostamento  alle culture del paleolitico superiore  o del Neolitico antico. Per quanto riguarda la ceramica, va detto che i frammenti  per l’80% presentano fratture fresche, dovute all’inclemenza delle pale meccaniche usate indiscriminatamente nello scavo, che hanno prodotto la rottura e la frantumazione di vasellame e di anfore che il fondale aveva conservato per millenni, probabilmente nel loro stato integrale. Si osserva  un ragguardevole numero di frammenti ceramici con impasto non depurato e superfici molto abrase a causa della lunga permanenza sul fondale sabbioso. La ricostruzione delle tipologie di alcune scodelle emisferiche profonde e la presenza di  alcuni frammenti con decorazioni impresse, potrebbero suggerirci l’ipotesi di un loro eventuale legame culturale con alcune facies  neolitiche della ceramica a linee impresse, mentre un frammento di piccole dimensioni potrebbe trovare riferimento al  vaso campaniforme del tipo reperito negli stessi cumuli di detrito (M. Brandaglia 2005) Altri frammenti decorati a cordoni plastici semplici o con impressioni digitali, potrebbero trovare qualche relazione  con la cultura Neolitica o con culture Preistoriche più tarde. Alcuni frammenti riferibili a tipologie di olle, vasi biconici, ciotole o vasi sferoidali, testimonierebbero analogie con  culture dell’ Età del Bronzo e con quelle dell’Età del Ferro. Si annovera la presenza di alcuni frammenti di ceramica figulina riferibile a forme vascolari di piccole dimensioni, che potrebbe trovare riscontri nell’ambito della cultura Egea od Etrusca.

Ed ancora in quest’ultima cultura, potrebbero trovare riferimento molti frammenti di anse a profilo curvilineo ed a sezione circolare o sub circolare appartenenti  con probabilità ad anfore da trasporto. Rilevato un congruo numero di frammenti  di vasellame o ceramica comune, presenti sulle navi come corredo di bordo, e spezzoni di orli e di anse di anfore vinarie che potrebbero trovare collocazione culturale sia nel periodo Ellenistico, come già detto più sopra, sia nel periodo Repubblicano. Il periodo Imperiale sembra essere attestato con la presenza di un alto numero di frammenti ceramici, e da un centinaio di tessere da mosaico, riferibili ad antiche strutture architettoniche, attualmente scomparse, probabilmente collegate alla villa romana di Giglio Porto, mentre quello Tardo Antico si evidenzia con frammenti ceramici ascrivibili a produzioni di officine Nord Africane ed Iberiche,  con tipologie riferibili ad anfore vinarie, anfore olearie e recipienti per il trasporto di salse di pesce. Si annoverano inoltre, uno o due frammenti di ceramica sigillata di probabile produzione Sud Gallica, mentre parte di un collo di anforetta  di uso comune e un frammento di ceramica invetriata, potrebbero trovare collocazione nell’ambito della cultura Bizantina. La presenza, seppure incerta di contenitori Bizantini e di ceramiche invetriate, riferibili a varie culture del Medioevo, offrono un quadro molto articolato e complesso, relativo ai contatti ed agli scambi fra culture diverse a Giglio Campese, ad iniziare dalle epoche preistoriche, conferendo a questo piccolo approdo dell’Isola del Giglio, un ruolo di un certo rilievo, fino ad oggi poco noto. Inoltre i materiali rinvenuti, concorrono senza dubbio a chiarire alcune rotte seguite dalla navigazione ed i loro traffici commerciali: in definitiva i contatti fra i popoli del Mediterraneo di questi ultimi millenni.

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