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Un certo Matteo Renzi ed il "maltolto"
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UN CERTO MATTEO RENZI ED IL "MALTOLTO"

Un certo Matteo Renzi, da Firenze, “immeritato”, ma soprattutto inadeguato Presidente del Consiglio, chiamato, ai tempi della scuola, “Il bomba”, perché le sparava “tanto grosse che più grosse non si può”, di cui è probabile che la storia politica italiana, tra qualche anno, dirà che è stato il peggior Capo di Governo dell’Italia repubblicana, chi sa se, quando parla di restituzione del “Maltolto”, da parte della Cooperative dei servizi sociali della Capitale, coinvolte, loro malgrado, nelle “malefatte” d’uno dei più importanti dirigenti della Cooperazione capitolina, sciaguratamente preposto alla guida d’un sodalizio altrimenti meritevole, si rende ben conto di cosa parla?

Chi sa se conosce l’origine di questa parola, che, di fatto, presuppone, malaffare, ladrocinio, prepotenza ed ogni genere d’efferatezza correlata al Fascismo.

A mio parere, infatti, il “nostro” ignora del tutto che, del “Maltolto”, ebbe, ad esempio, ad occuparsi, con il vigore che gli era connaturato, un suo illustre concittadino, ovvero Piero Calamendrei, antifascista, costituzionalista eccelso, nonché giurista insuperabile, che, addirittura, ebbe l’onere e l’onore di scrivere la famosa poesia sulla Resistenza, effigiata, in quel di Cuneo, appo il Monumento ai partigiani; ossia quella splendida “invettiva”, indirizzata al generale Kesserling, che s’”apriva” con queste parole: “Lo avrai,/ camerata Kesserling,/ il monumento cui pretendi da noi Italiani, / ma con che pietra si costruirà/ a deciderlo tocca a noi/ …..

Ebbene, il “Maltolto”, è quella specie d’autentica “rapina” che il Fascismo ebbe a compiere contro il già affermato Movimento Cooperativo, pressoché unitario, che aveva connotato il faticoso evolversi della società italiana ai principi del ‘900.

Il Fascismo, infatti, che, in buona parte, lo “distrusse, ne sequestrò il patrimonio di sedi, terreni e capitali, salvaguardando esclusivamente quei sodalizi che potevano essere funzionali alle sue “strategie” economico- sociali.

E questo Maltolto, già allora valutabile in diversi miliardi di lire, non fu mai restituito dallo Stato Repubblicano, non ostante tutti i partiti politici (di sinistra e di centro, ivi compreso il Partito Liberale, per bocca di Luigi Einaudi, futuro Presidente della Repubblica), ne rivendicassero, quantomeno il “recupero” patrimoniale, per poter ripartire nell’opera di progresso della Cooperazione, senza avere le cosiddette “pezze al culo”.

Da qui, per chi non lo sa, la Legge Basevi (direttore generale del Ministero del Lavoro, di matrice liberale), da qui, il famoso “Decreto Camangi” (onorevole repubblicano, Sottosegretario del Ministero dell’Agricoltura) che, rispettivamente, attribuivano alle Cooperative mutualistiche e senza fini di lucro, franchigie fiscali, detassazione degli utili reinvestiti ed il conferimento di una riserva del 50% sui lavori pubblici, che, però, il “famigerato” Ministro Tremonti cancellò con la connivenza di tutti i partiti, che (chi più, chi meno) tenevano ad accattivarsi il consenso dell’imprenditoria privata.

Imprenditoria privata che, di fronte alla crescita del Movineto cooperativo, non perdeva occasione per dichiararsi fiscalmente “discriminata”, facendo finta d’ignorare che, non solo. in caso di scioglimento del sodalizio, nulla veniva spartito fra i soci, non solo il capitale sottoscritto non poteva essere, nel tempo, in presenza di bilanci attivi, rivalutato oltre una soglia massima del 5%, ma, addirittura, che il saldo attivo, eventualmente residuato da procedure liquidatorie o da scioglimento volontario, era destinato alle Casse dello Stato.

Di fatto, insomma, Tremonti aggiunse altro maltolto allo storico maltolto, mai restituito.

E’ dunque parola grossa quella di Renzi. Parola di cui probabilmente fa cattivo uso per motivi di “scena” poltica, senza conoscerne origine e significato.

A mio parere, avrebbe fatto bene ad asserire, magari con lo stesso tono e la medesima enfasi del proclama “recitato” di fronte alle telecamere, che ai soli responsabili del “misfatto” mafioso della Capitale, fosse sequestrato ogni loro bene, con l’aggiunta di riservare a questi malfattori, assieme alla galera, anche la sottrazione d’ogni diritto civile.

Mi sia, al riguardo, consentita una digressione.

Visto che a Renzi piace tanto “innovare”, al punto che, inneggiando al “Maggioritario ed al “Bipartitismo”, senza volersi rendere conto che “inficiano” il principio costituzionale dell’eguaglianza degli elettori, tenta d’andare, a “passo di carica” verso l’attuazione d’una “Legge Truffa” che più truffa non ce n’è (soprattutto al cospetto di quella, a suo tempo, “tentata” dalla Democrazia Cristiana, che, non ostante il premio, per chi avesse vinto le elezioni, fosse piuttosto blando e, soprattutto, implicasse, per scattare, il raggiungimento di almeno il 50% dei suffragi, vide tutte le sinistre opporvisi tenacemente e prevalere), mi sarei aspettato che “Il bomba”, assieme agli “inasprimenti” annunciati per corrotti e corruttori, avesse quantomeno accennato alla volontà d’intraprendere una modifica costituzionale.

Ovvero, di voler ribaltare l’assunto della “Presunzione d’innocenza”, fino all’eventuale terzo grado di giudizio, passato in giudicato, attualmente previsto dalla Costituzione a favore di chi è condannato ad un qualsivoglia reato, in “Presunzione di colpevolezza”, non appena fosse stata pronunziata nei suoi confronti una sentenza di condanna (lasciando cioè la sussistenza della Presunzione d’innocenza solo all’istruttoria ed alla fase dibattimentale del processo) con la conseguenza perdita dei Diritti civili (da eventualmente ripristinare, però, nel caso che un secondo od un terzo grado di giudizio avesse “cassato” la condanna).

Ma torniamo al Maltolto.

Il Maltolto capitolino, certamente da condannare e recuperare, se sarà possibile, fino all’ultimo Euro, è figlio, non solo d’un comportamento malavitoso di delinquenti comuni e mafiosi, più un esponente della Cooperazione (al quale, non ostante avesse a carico pregresse condanne penali per gravi reati, erano stati attribuiti poteri inusitati, in totale deroga ed in sprezzo ai principi fondativi della Cooperazione che, rifacendosi addirittura a Giuseppe Mazzini, padre di questo importantissimo “fenomeno” socio-economico, raccomandano la massima accortezza nell’elezione e nel controllo, da parte dei soci, dei loro amministratori, acciocché non avvenga che la cosiddetta “tecnostruttura” diventi, di fatto, “padrona” della cooperativa), ma anche dello Stato, centrale e periferico.

A mio parere, infatti, lo Stato è parimenti colpevole, in quanto sostanzialmente assente in campo sociale e nell’assistenza sanitaria, diretta ed indiretta, non ospedalizzata, delega , di fatto, in buona parte, ai privati l’incarico d’”occuparsi” di questi importantissimi settori, senza per altro riservarsi adeguate funzioni ispettive: non a caso, la cronaca è piena di scandali attinenti i “ricoveri per anziani”, i “malati terminali”, gli asili nido, i presidi socio-sanitari alternativi, le malversazioni, gli abusi e le violenze delle badanti, etc., etc.

Nella fattispecie, questo stato di cose, ovvero la sostanziale latitanza dei pubblici servizi in settori delicati quali quelli testè sottolineati, assieme a livelli di disoccupazione ai limiti della sopportabilità, ha comportato che, negli ultimi anni, si sia verificata una crescita abnorme nel campo delle Cooperative sociali, più utile a guadagnare consenso partitico ed a procurare, comunque, lavoro, che a garantire stabilità attraverso il conforto di risultati economico-finanziari attivi, che dovrebbero rappresentare il “discrimine” ovvero la “conditio sine qua non”, per stare fisiologicamente sul mercato.

Da qui, non può che discendere che il bisogno di lavoro, senza che questo sia, comunque, da considerarsi un alibi, al cospetto di risultati economico-finanziari inidonei a “tenere in piedi” qualsivoglia tipo d’impresa, comporti che, a volte, vengano disattesi i “sacri” principi della Cooperazione e della corretta gestione amministrativa, per la ricerca, “facile”, di vie traverse ed alternative, attraverso l’onnipresente “milieu” della malavita ed il mercato della pseudo-politica, in perenne ricerca di consenso “sottobanco”.

Basta vedere al riguardo, sia i collegamenti con la criminalità mafiosa dell’evento romano, sia il fatto che alla Cooperativa sociale di Buzi sia stato assegnato, in ogni suo aspetto, insediativo, costitutivo ed organizzativo, l’allestimento del Campo Nomadi di Castel Romano, (tipico e specifico lavoro, cui, statutariamente e per tradizione, sono “deputate” le Cooperative di Lroduzione e lavoro e non quelle dei Servizi e delle Attività socio-sanitarie), consentendo al “reprensibilissimo” presidente di dire, addirittura, che lavorare per i Nomadi garantiva guadagni maggiori che trafficare in droga.

Questa sola affermazione e le considerazioni, appena sopra sottolineate, sulle competenze di settore produttivo, sono più che sufficienti a chiamare in causa l’Istituzione che ha assegnato questo appalto.

La fattispecie, infatti, implica non solo la colpevole assegnazione del lavoro a chi, di fatto, non aveva caratteristiche specifiche e consolidate per eseguirlo, ma anche una totale incompetenza (o peggio) circa i reali costi dell’”opera” da eseguire (assegnata, tra l’altro, per motivi d’emergenza senza che ci fosse reale emergenza, a licitazione privata anziché attraverso appalto pubblico), in quanto l’importo di quel che il Comune o chi per lui ha pagato è al di sopra d’ ogni “decenza” contabile.

Ciò detto, non è che, per questo, si possa, per così dire, “buttare il bambino insieme all’acqua sporca”, perché il Movimento cooperativo, di connotazione mutualistica e senza fini di lucro, è da ritenersi, soprattutto per una società in crisi regressiva, un’istituzione socio-economica se non proprio “salvifica”, certamente utile e necessaria per ridare slancio sia all’Economia che all’affermazione d’una imprenditoria etico-morale irreprensibile sotto ogni punto di vista.