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Per gli italiani d'Istria
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Per gli italiani d'Istria

Appena qualche settimana fa, è stata celebrata, soprattutto dalle "destre", "la giornata delle Foibe", evento di assoluta tragicità e crudeltà umana, che, istituzionalmente, "riconosciuto" a livello internazionale, solo da pochi decenni, connoterà, per sempre, l'esodo di circa 400.000 italiani di Istria, da terre appartenenti alla nostra stirpe fin dal tempo dei romani. In questi giorni "Il Giornale", ha distribuito, attraverso migliaia di edicole, un libro, che definire "prezioso", soprattutto, dal punto di vista divulgativo, è poca cosa, perché è uno dei pochi, che, scritto dall'anziano Tito Delton, profugo, a suo tempo, con l'intera famiglia, illustra avvenimenti terribili, avvenimenti che, di fatto, costrinsero l'intera comunità a fuggire in Italia, per, poi, migrare nel mondo, allo scopo di scampare al rischio delle "Foibe", ove comunque furono precipitati in almeno 15.000 (TITO DELTON: “10 FEBBRAIO 1947, FUGA DALL’ISTRIA, LE PERSECUZIONI, LE FOIBE, L’ESILIO”).

Nel mentre invito chi mi legge, sempre che lo trovi ancora dal giornalaio, a comprare e leggere questo libro, assai istruttivo sulla sorte, che, finita la guerra, toccò patire, agli italiani di Pola, Fiume, Zara e della Dalmazia, mi permetto, altresì, di pubblicare i versi che seguono. Versi, che scrissi anni fa contro Cossiga, prendendo spunto da un articolo de "Il Corriere della Sera", di Gian Antonio Stella, in cui il nostro Presidente della Repubblica, di fronte ad ennesimi episodi di sopraffazioni, in termini di diritti, negati, quali, ad esempio, l'uso della lingua italiana a carico dell'ormai sparuta comunità d'italiani rimasti, anziché evidenziare che la Jugoslavia, non rispettava, come avrebbe dovuto, le clausole, dei vari trattati (l'ultimo quello di Osimo) liberamente sottoscritti, al cospetto dei "plenipotenziari" delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, esprimeva rammarico per il fatto che non tutti gli italiani se ne fossero andati via dalle loro terre d'origine.

P.S. Questo è quanto Indro Montanelli ebbe a scrivere, su "Il Corriere della Sera", il 20 Gennaio 2000, in merito agli istriani: "...Il nostro paese ignorò e, in parte, ignora ancora il dramma degli istriani di cinquant'anni fa, perché era un affare scomodo. Che fare ora? Una sola cosa: Ricordarci, quando incontriamo uno di quegli esuli, che, di tutti gli italiani, quelli erano i migliori".

PER GLI ITALIANI D'ISTRIA (A Cossiga,  in virtù dell’articolo de “Il Corriere della Sera” di Lunedì 22 Luglio 1991, scritto da Gian Antonio Stella)

Caro Presidente, questa distinzione tra padri e figli non ha senso e mi lascia di sasso.

Come si può non capire che se, allora, quei padri non fossero rimasti, rischiando d’essere infoibati, come lo furono tanti e tanti altri, oggi, non ci sarebbero i figli, e i figli dei figli di quei pochi Italiani d'lstria, che non vollero o non riuscirono a fuggire, in un’Italia ingrata, che, tra l’altro, li andava accogliendo

come nemici, invece che da patrioti, profughi e spogli d’ogni loro avere ?

Come si può non capire questo Presidente?

Avrebbero, forse, dovuto suicidarsi (ed in molti lo fecero), o farsi “macellare”, magari, piegarsi, vigliaccamente,  alla propaganda comunista e “titina”, o farsene, addirittura,  facinorosi propugnatori , come, purtroppo, è pure accaduto per qualche sciagurato?

Scomparire? Oppure, emigrare tutti e cancellare dalla storia, dalla nostra storia, di secoli … di millenni e d’onore una parte, “la migliore” (secondo Montanelli, del nostro Paese?

Come si può, così speditamente e disinvoltamente, Presidente! dimenticare una tragedia di tale portata, cancellando,  del tutto dalla faccia  della terra questa nostra,  antica, italica gente che, anche solo pensando alla dalmatica “Decima legione”, massimamente fedele a Caio Giulio Cesare, fu romana e, poi, della “Serenissima”  Venezia, prima di diventare slava, con l’occupazione e la forza?

Si sappia, per chi ancora  lo ignora o non intende capirlo, che quelli che restarono e cambiarono, incoattivamente,  nome e cognome, avvinti dall'ideologia imperante, furono minoranza della minoranza!

Gli altri, tutti gli altri, ovvero quelli  che rimasero fedeli a se stessi, alle loro secolari famiglie, ed alle loro radici, lo fecero per non lasciare i loro ricordi, i loro campi, le loro case, i loro morti, sepolti, da generazioni e generazioni, nei cimiteri dei loro paesi e delle loro citta’, scavati dai loro padri e dai padri  dei loro padri.

E questi hanno sofferto, più d’ogni altro, l'intera tragedia di questa terra d’Italia, al cospetto  d’una Madre patria, irriconoscente, che avrebbe voluto rimandarli indietro, tacciandoli di Fascisti, non ostante fossero lavoratori esemplari, senza responsabilita’ di guerra e di sterminio, colpevoli soltanto d’essere Italiani; una tragedia che, oggi, s’intenderebbe, impunemente,  pressoché replicare e riproporre.

I “rimasti” hanno, infatti,  sofferto, come e più degli esuli che, alla fine, vollero e seppero dimenticare, quasi fossero “emersi” da un incubo, da obliare per sempre, mentre loro diventarono, invece, stranieri  e “nemici” in una terra che non era più  la loro terra; una terra d'usi e costumi, linguaggio e civiltà, "fondata" dai loro avi.

Nessuno ha il monopolio del dolore, signor Presidente! Soprattutto non ce l'ha chi, dall'alto d'un autorevole e comodo scranno, istituzionale, fa mostra di parlare senza voler conoscere e sapere quello che tutti ormai sanno; ossia che la “matrigna” Italia, che ha civilizzato  il mondo, sebbene invocata ed implorata a calde lacrime, cerca di non sentire e non vedere questi figli naturali che, in quanto, gia’ una volta, “rifiutati”  come “spuri”, rischiano, ancora, d'essere sopraffatti, perché nessuno, proprio nessuno,  per real politik o, peggio, per falsi pudori, innominabili ragioni ideologiche, od interessi di parte  di parte, osa difenderli: neppure il nostro Presidente!