Riceviamo da un nostro lettore la segnalazione di un articolo apparso nei giorni scorsi su un quotidiano toscano e sul suo relativo corrispondente telematico.

"Linea dura del Parco per chi sbarca sull'isola. Ma solo a parole, perché norme e proibizioni vengono puntualmente ignorate

A parole, un mese fa, è passata la linea dura. La filosofia dei divieti. Con delibere del Parco, carte da bollo, decine di cartelli piantati sull'isola, sanzioni severissime per i trasgressori. Non si possono abbandonare i sentieri principali, non si possono vedere i resti archeologici, non si può visitare la villa romana a picco sul mare. Chi trasgredisce paga: fino a 600 euro di multa se il malcapitato si perde della macchia mediterranea e si ritrova in una delle zone proibite. Nei fatti Giannutri, l'isolotto lungo tre chilometri e largo 500, davanti all'Argentario, è il paradiso del «si puo fare». ISOLA PIENA DI TURISTI. Migliaia di turisti arrivano ogni giorno. Se trovano posto nel «condominio», case cementificate negli anni Settanta che ospitano sino a 500 persone, restano a dormire, altrimenti gita mordi e fuggi, un «fuori porta in mare», tutto da consumare, da azzannare, da godere. Come orde di barbari postmoderni, i vacanzieri conquistano lo scoglio con i traghetti da Porto Santo Stefano e con charter da tutta la costa. Si Attrracca al porticciolo dello Spalmatoio (ma anche a Cala Maestra) e poi via, alla conquista del cuore incontaminato, nascosto dalla macchia mediterranea. I cartelli di divieto sono decine. Le guardia addette alla sorveglianza solo due. Impossibile controllare e multare. Duemila anni fa, al tempo degli antichi romani, Giannutri era uno dei luoghi preferiti dai vip, un paradiso per vacanze esclusive. Turismo d'elite, come accadeva sempre a quei tempi. Sopra Cala Maestra, veduta sublime, la famiglia dei Domizi Enobarbi, parenti stretti di Nerone, si fece costruire una villa da nababbi. Quattro ettari di frutteti, viti e architetture lussuose. Oggi Villa Domizia (o meglio i suoi resti ancora straordinari) è chiusa. Recintata per salvarla dai nuovi barbari. «Che invece entrano quando vogliono - dice Giuseppe Morbidelli, già responsabile del Parco e oggi titolare della Taverna del Granduca, l'unico ristorante dell'isola - e fanno ciò che credono. Perché non ci sono controlli. Lo stesso discorso vale per le altri parti dell'isola. Era meglio prima dei mille divieti. Almeno l'apertura totale consentiva a tutti di vedere cosa facevano gli altri».

LA VILLA PROIBITA. Per raggiungere la villa proibita basta camminare cinque minuti nel bosco davanti a Cala Maestra, a una quindicina di minuti a piedi dall'approdo principale. Vietato anch'esso, eppure frequentatissimo da umani e rifiuti: fogliacci, plastica, lattine. C'è una recinzione. Ci sono buchi che, di volta in volta, gli operai forestali sistemano. Se non ci sono buchi, basta aggirare la rete alla sua estremità. Villa Domizia, fino a pochi anni fa proprietà di privati, fu messa all'asta e salvata da Regione e ministero dell'Ambiente che esercitarono il diritto di prelazione, sarebbe un richiamo turistico eccellente magari con biglietto d'ingresso. Ci sono colonne, scalinate e porticati, davanti a un mare così trasparente da sembrare etereo. Per terra i resti di camminamenti e mosaici. Come quello, misterioso, dei delfini. E' in bianco e nero e illustra uno dei miti della civiltà minoica: quello del labirinto di Cnosso a Creta. Il mosaico, oggi in un museo a Grosseto, era sistemato davanti all'ingresso della villa romana per dare il benvenuto e impressionare gli antichi ospiti. Nei progetti dovrebbe tornare sull'isola. Ma c'è chi spera di no. Rischierebbe di essere depredato e distrutto. Dalla terra sabbiosa di Cala Maestra sono affiorati i resti di portici, terrazze panoramiche a picco sul mare, taverne, negozi e persino un magazzino dove si conservava il pesce. Nel quartiere residenziale, dove è stato recuperato il mosaico, c'è anche un impianto termale, realizzato con tecniche di altissimo livello. RESTI ARCHEOLOGICI ABBANDONATI. I resti archeologici dei magazzini sono anch'essi alla mercé di tutti. I soliti cartelli, i soliti divieti, e il cancello di legno ammuffito è stato abbattuto e giace quasi sepolto dalla polvere. Si entra in una sorta di cantiere- pollaio, con capitelli abbandonati, ancore, antichissime, dimenticate. Tutti entrano, toccano e si portano dietro souvenir di due millenni orsono: pezzi di muro, mattoncini, abbozzi di mosaico. I reperti si trovano all'interno di residenze private. Camminando puoi incontrare uno dei proprietari, sempre gentili, per la verità. «Mi scusi ma qui sarebbe vietato. Ci vorrebbe il pass». E tutti ringraziano, si scusano, e cadono dalle nuvole perché il pass a Giannutri è come l'Araba Fenice. «Ed uno dei problemi è proprio questo, non c'è informazione. Il pass serve solo ai residenti, circa 500 persone, i turisti che vogliono visitare tutta l'isola devono essere accompagnati da guide - denuncia Umberto Mazzantini, responsabile Legambiente Arcipelago - Ma ci sono interessi forti di persone che guadagnano con il turismo mordi e fuggi e vogliono che sull'isola trionfi l'anarchia. Il Parco da giugno ha messo regole precise: si può sbarcare sull'isola ma, senza una guida, non la si può visitare tutta. Chi dovrebbe informare, come i barcaioli che portano le persone sull'isola, non lo fa». Il mare dell'isola è uno scrigno di tesori. A Punta Scaletta c'è uno scafo di nave romana ancora intatto. A Cala Spalmatoio riposano relitti di navi romane ed etrusche. A Capel Rosso, la punta sud dove c'è il faro, ci sono anfore romane e vasi. Ovunque si possono trovare (e depredare) relitti spagnoli e francesi del Seicento, cannoni e altre armi da guerra. Giannutri, l'isola dei divieti disattesi. Metafora del Belpaese.

Marco Gasperetti"