Sulle spalle delle compagnie di navigazione si abbatte una impennata dei costi-base e il prezzo dei biglietti dei traghetti rischia un aumento boom: anche nell’ordine del 40%. «Tutta colpa del fatto che il costo del gasolio è rincarato del 32% negli ultimi mesi e raddoppiato rispetto al dicembre 2009», dice Angelo Roma, presidente della Toremar, l'ex società pubblica privatizzata di recente che garantisce i collegamenti con l'Arcipelago Toscano, a cominciare dall'isola d'Elba.

Non è un segreto che un po' tutti gli operatori del settore siano sul piede di guerra. Basti dire che la Sardegna si sente sempre più ostaggio di quel mare-meraviglia che ne ha fatto la fortuna turistica agli occhi d'Europa: i tre porti del nord dell'isola hanno un piede e mezzo nella grande depressione economica, tant'è vero che in gennaio Olbia e Porto Torres hanno fatto registrare un crollo del 20% e Golfo Aranci addirittura del 40%. Cifre choc, oltretutto calcolate prendendo a paragone l'annata più tremenda per il settore, il 2011. Guai a dimenticare che nel porto di Livorno lo scorso anno è transitato, soprattutto da e per Corsica e Sardegna, il 17% dei passeggeri in meno: una battuta d’arresto come non se ne conoscevano da vent’anni.

E al Sud la situazione è già una polveriera: basti dire che, a quanto è dato sapere, il fronte degli armatori napoletani riuniti nell'Associazione Cabotaggio (compreso il gruppo Lauro) in tandem con un soggetto nazionale come la Moby di Onorato sono ormai a un passo dal minacciare lo stop totale ai servizi se non sarà cambiata la nuova normativa sulle esenzioni Iva. Già, perché oltre al caro gasolio, quel che rischia di far saltare il banco è anche la modifica del regime fiscale.

«Dipende dall'orientamento maturato a livello europeo – afferma Roma – che è stato tradotto in normativa nazionale dalla legge 217 a metà dicembre: dal 17 gennaio scorso sono in vigore le nuove regole riguardanti la non-imponibilità Iva di una serie di operazioni per le navi che effettuano collegamenti a corto raggio. Ne restano escluse solo le navi adibite alla navigazione in alto mare: finiscono nella sfera di applicazione dell'Iva operazioni quali le cessioni di naviglio, di apparati di motori e di parti di ricambio, forniture di dotazioni di bordo, e soprattutto di carburanti e lubrificanti».

Ma se consideriamo il mix fra l'applicazione dell'Iva alle forniture di bordo (soprattutto di carburante) e l'impossibilità di detrarla – avverte il presidente della Toremar – salta fuori che «sulle nostre compagnie si scarica un incremento dei costi del 21%, difficilmente recuperabile mediante aumento delle tariffe, e suscettibile di portare molte società in seria difficoltà».Senza contare che in molte realtà il collegamento con le isole costiere (ad esempio, Elba e l'Arcipelago in Toscana, Ischia e Capri in Campania, le Eolie in Sicilia) è regolato da un contratto di servizio: il rincaro può passare solo dall’ok della Regione. «Ma le nostre tariffe lo scorso anno sono rimaste ferme e adesso – avverte Roma – sentiamo il peso del fatto che nel frattempo il gasolio è aumentato del 108%, le 10-11mila tonnellate che consumiamo ogni anno hanno un costo schizzato da 4,16 a 8,51 milioni di euro. Per farvi fronte gran parte delle compagnie viaggiano a velocità ridotta. Ma noi dobbiamo garantire il rispetto degli orari di partenza e d'arrivo, di conseguenza non possiamo praticarlo. Le tariffe attuali stanno creandoci una difficoltà nel garantire la sostenibilità economica».