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Due associazioni animaliste replicano al comunicato del PNAT

VITA DA CANI ODV E RETE DEI SANTUARI DI ANIMALI LIBERI IN ITALIA

MUFLONI DEL GIGLIO - RISPOSTA AL PARCO DELL'ARCIPELAGO TOSCANO DOPO LA DIFFUSIONE DEL COMUNICATO DA PARTE DELL'ENTE 

Il comunicato stampa del Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano diffuso ieri rispecchia l'ambiguità, l'assenza di dialogo e di rispetto verso le associazioni e scienziati, che ha caratterizzato questo progetto di eradicazione del muflone del Giglio.

Ricordiamo che il progetto ha violato le norme nazionali ed europee che prevedono che qualunque eradicazione si basi su dati scientifici, che il Parco stesso ha ammesso di non possedere. In assenza di tali prove, le specie alloctone non possono essere dichiarate invasive e dunque non possono essere eradicate. 

Ricordiamo inoltre che proprio per assenza di prove dei danni del muflone sull’ambiente il Parco ha esagerato i danni all'economia nel progetto presentato all'UE, per il quale ha ottenuto 1.6 milioni di Euro, definendoli ingenti e che la sua eradicazione era imperativa per salvare le viticulture 'eroiche' dell'isola. 
Questa è stata la motivazione senza la quale tale progetto non sarebbe stato approvato poiché le normative permettono l'eradicazione di una specie alloctona solo in caso in cui questa abbia un impatto negativo sull'ambiente o sull'economia.
I viticoltori dell'isola hanno scagionato il muflone da tali accuse già nel 2021 tramite una petizione, e grazie ad una serie di richieste di accesso agli atti condotte da noi, siamo venuti a conoscenza del fatto che in 20 anni (ossia da quando i mufloni sono evasi dal fondo chiuso) il parco ha ricevuto soltanto 3 richieste di risarcimento per danni alle viticulture per un totale di €400 imputabili ai mufloni - contro i quasi €400.000 ottenuti dall'UE per eradicarli.
In assenza di comprovati danni, dunque l'eradicazione del muflone del Giglio costituisce un reato. 

Ci teniamo inoltre a precisare che dei 52 mufloni catturati e traslocati, decantato da Sammuri come un grande successo, 10 sono morti a seguito dello stress delle catture e delle traslocazioni, quasi il 20% dunque degli animali catturati. Noi ci siamo sempre opposti alla loro cattura e traslocazione non solo perché è risaputo che gli ungulati tendono all'infarto per il minimo stress, ma perché in assenza di prove riguardo l'invasività del muflone, non c'era alcuna ragione di catturarli e di traslocarli. Il muflone andava lasciato sull'isola e preservato per la sua unicità genetica. 

Ricordiamo infatti la questione cardinale dell'unicità genetica del muflone del Giglio. Importato sull'isola negli anni ’50 del secolo scorso tramite un progetto di salvaguardia e di ripopolamento della specie, gli individui più puri del muflone Sardo, specie protetta, furono selezionati e portati al Giglio dove la loro purezza genetica è stata preservata la dove, altrove, come in Sardegna, Corsica e Cipro, è andata persa a causa degli incroci tra muflone e pecora domestica. Dunque, oltre ad aver eradicato una specie protetta, in sé una violazione delle normative, il progetto ha seriamente compromesso il patrimonio genetico della specie stessa, dunque minando la biodiversità proprio con fondi pubblici destinati alla sua preservazione.

Questo progetto non aveva dunque alcuna ragione di esistere poiché non c’erano i presupposti scientifici ed economici per procedere e, al contempo, ha ignorato elementi fondamentali, come l’unicità genetica e la tassonomia del muflone, che non solo avrebbero dovuto fermare il progetto, ma non gli avrebbero mai permesso di esistere se uno studio fosse stato condotto, come richiesto dalla legge, prima di presentare l’oneroso progetto all’UE.

Per queste ragioni abbiamo già provveduto a denunciare Giampiero Sammuri per disastro ambientale e, nonostante tentativi del PM di archiviare il caso, la nostra opposizione ampliamente documentata ha convinto il GIP a darci udienza il 25 marzo 2024.

Suscita grande perplessità però la dichiarazione di Sammuri riguardo il coinvolgimento della Regione Toscana. Sammuri ringrazia la Regione per aver contribuito come poteva al raggiungimento dell’obiettivo, ossia tramite la delibera di caccia che ha permesso di abbattere 35 muflone sull’isola.

Due cose non tornano riguardo a ciò. 
Primo, il parco aveva stipulato un accordo con il WWF e la LAV in cui si rivedevano i metodi ma non la finalità, ossia il muflone andava eradicato dall’isola ma non più tramite abbattimento, come stipulato nel progetto presentato all’UE (negato più volte da Sammuri ma dimostrabile leggendo il progetto stesso), ma tramite catture e traslocazioni. 
Il Parco, che capitana il progetto ha preso questo impegno a nome del progetto stesso, di cui la Regione Toscana è partner formale. La ragione per la quale la Regione abbia scelto di non rispettare gli accordi presi ci sfugge ed è stata la ragione per la quale abbiamo diffidato il presidente della Regione, Eugenio Giani, e procederemo ora con una denuncia nei suoi confronti per Disastro Ambientale, così come lo prevede la legge a seguito degli emendamenti all’articolo 9 della costituzione. 

Il secondo elemento che non torna è il numero di mufloni abbattuti, ossia 35, in poche settimane e con i pochi cacciatori presenti sull’isola. Se consideriamo la difficoltà di vedere i mufloni al Giglio, 35 pecore selvatiche che si nascondono su 2000 ettari di isola, sorge il dubbio che il Parco abbia condiviso con i cacciatori la geolocalizzazione dei mufloni. Nel 2019 il Parco aveva messo 6 radiocollari ai mufloni proprio per poter scovare i vari greggi e permettere ai cacciatori di fucilarli (come descritto nel progetto originale). Ma dal momento che questi 35 abbattimenti sarebbero avvenuti per mano di semplici cacciatori operanti tramite la delibera Regionale, dunque una semplice battuta di caccia, come l’ha definita recentemente Sammuri in una intervista locale, nella quale assicurava peraltro che il Parco non centrava nulla, come mai il Parco avrebbe condiviso con i cacciatori la posizione dei mufloni? È soltanto un sospetto e speriamo di poter far luce durante le indagini che seguiranno l’udienza.

Sammuri dichiara che il progetto è terminato, ma la nostra campagna certamente non lo è. 
Non ci fermeremo fino a quando giustizia non sarà fatta. Milioni di Euro di fondi pubblici destinati alla preservazione della biodiversità sono stati utilizzati da questo Parco in questo progetto, così come in altri, per invece minarla, senza uno straccio di prove ed in violazione di normative internazionali. Giustizia sarà fatta.

Vitadacani odv e Rete dei santuari di animali liberi in Italia