L’Albero della vita è un’invenzione misteriosa e affascinante: quella scultura contemporanea sa di onore ai 32 scomparsi della tragedia, di memoria da non gettare via, di dolore. È un mistero che avvolge soprattutto l’autore: ma da ieri sera, grazie a una mail arrivata in redazione al "Il Tirreno", dall’indirizzo non casuale (alberodelgiglio@gmail.com) su quel mistero forse la nebbia è meno fitta.

La lettera riassume tempi, modi e motivi che hanno spinto una mano ignota a tirare su una struttura di ferro e alluminio alta sei metri e lasciarla a due passi da Punta Gabbianara. Fidarsi o non fidarsi di una mail del genere? Di certezze, è ovvio, non ne esistono: potrebbe arrivare da chiunque avesse deciso di inviarla, magari per scherzo o per provocazione. Ma è ricca di particolari. Se veritiero, il testo avvalora la tesi che i materiali per la realizzazione potevano arrivare solo dal mare.

L’opera è stata rimossa in poche ore (è rimasta solo la notte tra mercoledì e giovedì) da un’ordinanza del sindaco Ortelli, che l’ha definita «bravata»: c’è una denuncia per violazione di proprietà privata e dell’area interdetta dopo la tragedia del 12 gennaio. La mail è firmata Giovanna D’Arco, “portavoce” dell’ideatore della scultura che «per ora vuol rimanere nell’ombra. Il 3 ottobre dopo diversi sopralluoghi durati dei mesi e un tentativo di installazione andato fallito il 13 settembre a causa delle condizioni meteo, l'artista con 4 aiutanti ha portato sullo scoglio di Punta Gabbianara con un gommone, in pienissimo giorno (erano le 13), travestiti da operai con elmetto e giubbino catarifrangente, oltre una tonnellata di materiali che componevano la scultura alta 6 metri e realizzata in ferro e con una base articolata tra ferro e cemento».

L’obiettivo era proprio di commemorare le 32 vittime della Concordia con «un albero che è anche una spirale, simbolo di vita cosmica che dà energia a questo tronco con 32 rami che si svilupperanno in un'altra esistenza».

Secondo la mail «ciò che ha mosso l'artista risiede nel fatto stesso che egli con la propria famiglia è un sopravvissuto al naufragio, in quanto aveva individuato in quel viaggio una piccola vacanza per sè e la famiglia e solo per un caso fortuito ha poi rinunciato a parteciparvi. Ma dopo l'accaduto e per diversi mesi ancora qualcosa dentro di lui era mutato. L’autore ha vissuto all'inizio momenti di felicità per lo scampato pericolo, poi notti insonni che lo hanno indotto ad ideare questa opera come per un ringraziamento o per placare una sofferenza».

Insomma, la scultura sarebbe il gesto di un sopravvissuto che domanda anche scusa per l’accaduto. «In primis al sindaco dell'isola - prosegue la mail - per non aver chiesto le autorizzazioni per l'installazione dell'opera, ma questo è da considerarsi il gesto impulsivo nato da una forte emozione. Anche se alta 6 metri quella che è stata portata sull'isola, nell'idea dell'artista risulta essere un bozzetto, in quanto se accettata dalla comunità degli isolani l'artista vorrebbe realizzarne una di 12 metri in materiali adatti a resistere alle intemperie e collocata e in spazi idonei, da donare per un luogo di memoria delle vittime».

Anche per i vigili del resto, è impossibile che l’opera sia arrivata al Giglio in auto. «Qualcuno potrebbe aver visto gli autori dell’operazione - dice il comandante della polizia municipale del Giglio, Roberto Galli - i sospetti però vanno tutti verso forestieri».