Come noto, l'isola del Giglio è stata ininterrottamente abitata fin da epoche remote. In epoche storiche la popolazione è sempre stata concentrata in un unico luogo fortificato (il Castello) a causa del pericolo di incursioni piratesche. Questo almeno fino al XVII° secolo quando, venuto meno il fenomeno della pirateria sui mari, cominciò a svilupparsi il centro costiero di Giglio Porto ad opera di una duplice corrente immigratoria di pescatori liguri e napoletani.

Nel 1544 il Castello era stato attaccato ed espugnato dal corsaro Ariadeno Barbarossa che catturò e deportò quasi l'intera popolazione isolana; l'isola fu quindi ripopolata da Granduca di Toscana con famiglie del contado senese. Nonostante che fin dal 1563, con la chiusura del Concilio di Trento, fosse divenuta obbligatoria la tenuta dei registri parrocchiali dei matrimoni e dei battesimi con indicate le generalità dei soggetti, il limitato numero di abitanti dell'epoca non creava difficoltà di antroponomastica: gli isolani erano facilmente identificabili con il solo nome o, in caso di soggetti con lo stesso nome, era sufficiente specificare la paternità (patronimico). Ancora in un elenco del febbraio del 1627 di “uomini adatti a essere arruolati nella milizia”, redatto da Gello Catastini, inviato dal Granduca, solo alcuni vengono precisati anche con il cognome, mentre per la maggior parte viene indicato il patronimico (esempio Niccolaio di Caio, Pavolo di Giovanni ecc.).

In entrambe le realtà urbane isolane (Castello e Porto) i pochi cognomi delle famiglie originarie, unita all'usanza (come in molti altri paesi italiani) di mettere ai nipoti lo stesso nome del nonno, hanno creato nel tempo una tale mole di omonimie al punto che, il nome e il cognome attribuito alla persona al momento della nascita all'anagrafe ufficiale, hanno finito per perdere quasi completamente la loro funzione di antroponimi: di qui la necessità dell'uso dei soprannomi che è venuto, nel tempo, a costituire un nuovo sistema di “antroponimia popolare” che integra il sistema antroponimico ufficiale e lo sostituisce, costituendo una sorte di anagrafe parallela; integrazione necessaria, non solo nella quotidianità ma spesso addirittura a livello giuridico, per una più precisa interpretazione, per esempio, delle volontà testamentarie.

Le caratteristiche di questo particolare sistema anagrafico “vernacolare”, comune a molte altre piccole realtà italiane, le varie tipologie di soprannomi esistenti, sono state oggetto di approfonditi studi che hanno addirittura elaborato ponderose classificazioni sui criteri di attribuzione dei soprannomi stessi. Lo studio dell'antroponimia popolare dell'isola del Giglio da tale punto di vista esula dagli scopi del presente articolo. Preme invece sottolineare, in questa sede, che l'isola, per le sue particolari caratteristiche difficilmente reperibili altrove (la presenza di due comunità distinte in un territorio geograficamente limitato e definito dal mare) rappresenta un eccezionale modello sperimentale di ricerca per studiare la prima e più particolare caratteristica del soprannome: la “trasparenza semantica”.

Come insegna l'Enciclopedia Treccani: “rispetto al nome e al cognome, il soprannome si caratterizza per alcune peculiarità, fra le quali la maggiore “trasparenza semantica” rispetto al cognome, che è ovviamente “opaco”: per la comunità dei parlanti il soprannome risulta avere un significato mentre il cognome e il nome, solitamente, nel tempo, l'hanno perduto. La trasparenza del significato del soprannome si deve al fatto che si tratta di formazione più o meno recente; ma nel giro di qualche generazione anche il soprannome può divenire “opaco” tanto più facilmente se viene storpiato”.

Ciò premesso, appare evidente quanto sarebbe importante riuscire a stabilire, con assoluta certezza, per quante generazione un soprannome possa perpetuarsi. Per far questo sarebbero necessarie fonti documentarie dove fosse contemporaneamente specificato, oltre al cognome e il nome, anche il soprannome. Naturalmente questo avviene solo in rarissimi casi, sia nei registri parrocchiali che in quelli dell'anagrafe civile, che sono gli unici, fra l'altro, che consentono una attendibile ricostruzione degli alberi genealogici.

Nel caso dell'isola del Giglio, uno dei pochi documenti in cui viene riportato un lungo elenco di persone indicate con cognome, nome e soprannome, è una “nota degli individui che sono ascritti alla marina” stilata nel 1811, ossia nel periodo di occupazione napoleonica della Toscana. In tale elenco sono presenti molti soprannomi tuttora presenti nell'isola, sia al Porto che al Castello (Moretto, Chèle, Giammaria, Giovinone, Biondello, Marchesino, Baciadonne) e, totalmente omonimo, sia come cognome, nome e soprannome al suo ultimo recente discendente il divertente Ansaldo Francesco detto “cazzonero”, indicato però con pudore, dall'ignoto funzionario francese, con la dicitura “Ansaldo Francesco detto C..........”.

Il documento suddetto è molto importante non solo perché retrodata di varie generazioni alcuni attuali soprannomi, ma anche perché conferma la necessità sociale del soprannome, nel senso di individuazione univoca di una data persona. Caratteristica che finisce per prevalere sempre sul significato letterale del soprannome al punto che, anche nei casi dove, con il passare delle generazioni, non si perde la “trasparenza semantica”, è frequente reperire erronee motivazioni sul significato e sull'origine del soprannome stesso. In una relativamente recente pubblicazione di interesse locale (“Progetto Ambiente”) veniva data la spiegazione che il soprannome “marchesina” era dovuta al fatto che l'interessata era amica della madre del signor Felice Sietta, che era una marchesa che frequentava il Giglio nella prima metà del '900: motivazione categoricamente smentita dal suddetto documento del 1811 dove l'antenato, Francesco Cavèro, era già indicato con il soprannome di “marchesino”. Come pure è manifestamente infondata la motivazione che il soprannome “baciadonne” fosse imputabile all'avvenenza dell'ultimo discendente, dato che l'antenato Domenico Cavèro era già indicato con il suddetto soprannome (sempre nel 1811) e di questo, naturalmente, non conosciamo né l'aspetto fisico né le caratteristiche comportamentali.

Le caratteristiche storiche e socio-antropologiche dell'isola del Giglio, descritte nelle loro linee essenziali all'inizio del presente articolo, ci permettono però di spingere oltre la nostra ricerca in un più delicato campo di indagine, ovvero in quelle situazioni in cui, il perpetuarsi dell'uso degli stessi soprannomi per molte generazioni ne ha comportato addirittura la totale perdita della “trasparenza semantica” e determinato una “opacità” sovrapponibile a quella del nome e del cognome (che, lo ripetiamo, nella maggior parte dei casi sono parole senza comprensibile significato). Per comprendere meglio il tipo di indagine effettuata in proposito su molti alberi genealogici isolani, utilizzando i registri parrocchiali (battesimi, matrimoni e morte) e civili, occorre premettere alcune considerazioni. Il soprannome, per quanto detto fin ora, è un elemento onomastico di identificazione univoca. Se, in una stessa collettività, con lo stesso soprannome, venissero indicati due o più soggetti, si ricadrebbe paradossalmente in una nuova forma di omonimia, in una sorta di degenerazione del sistema di identificazione che genererebbe ancora confusione e quindi non più funzionale. Per questo, in uno stesso paese, un unico soprannome può esistere e continuare ad esistere solo in senso diacronico, cioè attraverso lo scorrere delle generazioni, seguendo particolari ma non codificate regole di trasmissione. E' utile invece osservare (e qui sta l'unicità del nostro modello sperimentale isolano) che uno stesso soprannome può continuare ad esistere anche in senso sincronico (cioè contemporaneamente) se uno dei soggetti della generazione successiva cambia paese e va ad abitare nell'altro centro abitato dell'isola, dando così origine a una discendenza che verrà identificata con il soprannome originario, senza rischi di confusione.

Per stabilire da quante generazioni è avvenuto il trasferimento sarà quindi sufficiente esaminare gli alberi genealogici di coloro i quali, nei due centri abitati, hanno lo stesso soprannome fino a trovare, in uno qualsiasi dei rami degli ascendenti, il progenitore comune da cui hanno “ereditato” il soprannome. Tale periodo di “vita” del soprannome potrebbe naturalmente essere addirittura più lungo, perché non è dato sapere se l'antenato comune non abbia a sua volta ereditato il soprannome. Questo, naturalmente, dando per valido il presupposto che, vista la peculiarità lessicale dei soprannomi di cui sono stati esaminati gli alberi genealogici (Bacarino, Mecai, Pachello, Ghego) si ritenga ragionevolmente impossibile che, in un territorio limitato come l'isola del Giglio, possano essersi venuti a creare indipendentemente. Per il soprannome “bacarino”, esaminati gli ascendenti dei “bacarini” del Porto e delle “bacarine” del Castello si trova, retrocedendo di ben nove generazioni, l'antenato comune CAVERO BENEDETTO nato il 31-12-1767 e che, nel 1786, aveva sposato Lauro Annamaria. Considerando che Cavèro Benedetto era a sua volta figlio di Cavèro Giuseppe e nipote di Cavèro Girolamo, gigliesi, e considerando che il termine “bacarino” (con la c) ha un preciso significato ed è sinonimo di “buonavoglia”, ovvero di “liberi professionisti” del remo (che ai tempi della navigazione a remi prestavano volontariamente la loro opera dietro corresponsione di compenso anticipato accanto ai galeotti, ossia ai forzati del remo), appare evidente come l'esistenza di tale soprannome possa essere ragionevolmente ritenuta antica di vari secoli. Per pura curiosità, il soprannome del ramo dei “bacarini” del Porto si è sempre trasmesso in via paterlineare ed è sempre rimasto unito al cognome Cavèro.

Analoghe considerazioni possono essere fatte per il soprannome “Mecài” (del Castello e del Porto) che, dopo otto generazioni dalle attuali, trovano il loro comune antenato in BRIZZI ANTONIO nato l'8 giugno 1748 e sposato, nel 1772, con Arienti Margherita (anche in questo caso il soprannome, nel ramo castellano, rimane collegato in via paterlineare al cognome Brizzi); il soprannome “Pachello” (che rimane legato al cognome Danei in entrambi i rami, sia al Porto che al Castello) e al soprannome “Ghego”, che rimane legato al cognome capostipite Centurioni solo al Castello. Per questi ultimi tre soprannomi (Mecai, Pachello, Ghego), contrariamente al termine “bacarino”, è evidente la progressiva e già accennata “opacizzazione” semantica avvenuta nel tempo e pertanto è praticamente impossibile anche solo intuirne il significato originario e la conseguente motivazione onomasiologica.

In conclusione, l'antroponimia isolana è sempre stata fortemente determinata da una caratteristica “denotativa”, ovvero dalla necessità pratica di individuazione dei singoli soggetti e mai (o raramente) “ludica” nel senso di attribuzione burlesca di un soprannome, per situazioni legate a caratteristiche fisiche o comportamentali, anche quando si trattava (e si tratta) di soprannomi palesemente (ma solo apparentemente) allusivi (sbornietta, dentistrinti, barbottone, panzallegra, buconero, pisciapoco ecc.).

Alvino Pini copotonno10@libero.it
Armando Schiaffino armando.schiaffino@tin.it