Sono un marinaio della Maregiglio, quella tragica notte sono stato svegliato alle ore 22 dal mio comandante, non capivo cosa succedeva ma, arrivato a bordo, lo scenario mi è apparso tristemente tragico. Siamo usciti con la nave “Isola del Giglio” fuori il porto ed ho visto la Concordia inabissarsi lateralmente pian piano con lo scorrere dei minuti. All'inizio la grande nave da crociera era tutta illuminata e si sentivano le grida delle persone che cercavano di salvarsi con le scialuppe; poi, tutto ad un tratto il black-out, e nel buio il rumore delle ancore calate. Dopo 2 ore circa la Capitaneria ci ha chiamato per entrare in porto ed imbarcare tutti i naufraghi. Abbiamo iniziato la spola con Porto Santo Stefano e portato in terraferma circa 1200 naufraghi. Durante una delle traversate con i naufraghi a bordo mi si è avvicinata una naufraga, infermiera spagnola, con il piede che le sanguinava. Allora io subito ho avvertito il comandante e l'abbiamo medicata. Durante la medicazione la signora mi ha baciato e mi ha detto in spagnolo “grazie” ed io gli ho risposto “per me è un dovere di cittadino italiano”. A vedere tutta quella gente senza vestiti o con gli abiti bagnati e soprattutto con ferite più o meno importanti, mi veniva da piangere; non mi facevo vedere da loro ma il mio cuore da italiano gigliese era in quel momento dispiaciuto per tutto quello che stava  succedendo. Comunque noi della Maregiglio e tutti i soccorsi abbiamo fatto il nostro dovere per scaldare i cuori e alle persone sfortunate. Un elogio va a tutte le persone che hanno contributo quel 13 Gennaio a soccorrere le persone in difficoltà .Purtroppo erano in 4500 circa ma il calore di noi gigliesi e la nostra collaborazione hanno trasformato la nostra opera in un bel gesto per tutta Italia ma soprattutto per tutto il mondo. 

Arienti Italo 
Corrispondente Il Tirreno, Corriere di Maremma, La Nazione