Ho letto con estremo piacere la nota del carissimo amico Armando Schiaffino sulla presenza dei mufloni al Giglio, ed immediatamente mi è venuto alla mente un articolo apparso qualche anno fa su "Airone" dall'emblematico titolo "Montecristo: un'isola protetta troppo e male", in cui si illustrava una politica di protezione integrale di una fauna e di una flora estranea ed assolutamente avulsa dalla realtà, quali eucaliptus, ailanto, mufloni e capre selvatiche... e concordo profondamente con le riflessioni di Armando.
L'isola è invasa dai conigli selvatici e dai mufloni, estranei alla realtà isolana: che fare, allora? Vogliamo realizzare la bella copia dell'avventura di Montecristo, in cui tutto è vietato tranne fare fotografie? L'unica soluzione "naturale" per limitare il problema potrebbe essere l'introduzione di predatori naturali, ma chi mai avvalorerebbe l'introduzione all'isola di piccoli predatori quali la volpe o la martora? O magari cercare di reintrodurre rapaci quali il falco pellegrino o l'aquila di mare? Non credo che, data la limitata estensione dell'isola, si riuscirebbe a far nidificare con successo ad una colonia di aquile.  E per quanto concerne i mufloni, anche riuscendo a limitare i capi, che farne delle loro carogne? L'unica soluzione naturale sarebbe quella di riuscire ad ospitare una colonia di avvoltoi, ma le esperienze al riguardo mostrano quanto sia difficile la reintroduzione del capovaccaio, per non parlare dei grifoni, che devono essere nutriti dall'uomo... L'unica soluzione, a parer mio, è proprio quella proposta dal dott. Schiaffino di esportare gli animali non autoctoni in altre sedi a loro più confacenti. Il problema, però, è a monte rispetto alla reale politica di protezione: quanti animalisti potrebbero insorgere contro "l'uomo cattivo che estirpa il povero muflone lontano dalla sua casa"? Putroppo la natura non è animalista, è questa la realtà. Però mi permetto di sugggerire la seguente proposta: anziché una salvaguardia totale della natura così com'è, anche se violentata ed artefatta come a Montecristo, una reale riscoperta e reintroduzione della flora e della fauna autoctona della macchia mediterranea, salvando le specie che realmente sono presenti al Giglio e reintroducendone di nuove. In sostanza, viva il leccio, il corbezzolo e l'erica arborea, abbasso l'eucalipto e il pino marittimo. Parliamone.