LA SETTIMANA SANTA.

Il  volto delle care paesane centenarie Diamantina e Lisabella, è ancora vivo nella mente delle persone che hanno seguito la loro festa su questo giornale. Tutti i gigliesi, più o meno giovani  sentono che il legame alla terra d’origine è garantito anche dal loro respiro, dalle loro bellissime rughe,che appaiono oggi come  reliquie di  parole, passi, emozioni, pianti.
Con un tenero sorriso di gratitudine  il Giglio si accinge a vivere la settimana  che precede la Pasqua: la  Settimana Santa.
Ai tempi delle Centenarie l’attesa iniziava con le pulizie pasquali; almeno quindici giorni prima e in onore della benedizione che trovava case linde e profumate, ogni famiglia  si accingeva a  rivoltare  intere stanze, sgrufando, sbattendo e spostando. Se c’era qualcosa da buttare quello era il momento, se c’era qualcosa da rinnovare quello era il momento. In onore della benedizione pasquale e della primavera  i pizzi più belli adornavano mobili con centrini ricamati a mano e inamidati per l’occasione. Le brocche per l’acqua, di rame, venivano lucidate col sidol, i tavolini (che erano fatti di legno e non in formica), venivano portati fuori nel vicolo e trusciati con spazzola e varechina, poi lasciati asciugare al sole. Quando finalmente entrava il prete con i chierichetti, tutto era perfetto, perfino le uova adagiate  nei due panierini, le une da dare alla questua e le altre per la famiglia, da mangiare benedette la mattina di Pasqua.
Quelle pulizie lasciavano odore alle pareti per settimane; io che ho conosciuto quell’odore, non l’ho mai più ritrovato in nessun  posto.
Giovedì la chiesa si spoglierà dei paramenti e innalzerà il Sepolcro con la statua del  Cristo morto e poco più distante quella della Madonna  vestita a lutto. Ai tempi delle Centenarie,  uomini si vestivano da apostoli e partecipavano alla cerimonia del lavaggio dei piedi. Oggi qualcuno, con una cerimonia antichissima, in gran segreto prenderà la chiave del Tabernacolo vuoto, la porterà a casa e qui dovrà esporla ai fedeli che vorranno venerarla; nella tradizione c’è anche il rinfresco: a qualsiasi ora, prima si  venera la chiave, poi si beve, alla salute!
La persona che prende la chiave, la indosserà alla processione del Venerdì Santo dove, di sera, con la luna piena, le statue del Cristo morto e della Madre dolorosa faranno il giro di tutto il Castello  accompagnate dalla popolazione. Quando passa la Processione ogni lumicino possibile si accende. Ai tempi delle Centenarie tutto il Paese lasciava una candela alla finestra oppure prolungava la lampadina elettrica di casa  e l’appendeva fuori, alla corda dei panni.
“Il dolore transita per via,” cantano le Pie Donne ed è vero: il passaggio delle figure dolorose apre la riflessione al ricordo di chi non  è più tra noi.
Paesani, vicini di vicolo, genitori. Uomini e donne che hanno continuato la storia del Giglio, proprio come Diamantina e Lisabella  ma che riposano al Camposanto.
Gli ultimi che non passeranno più su quel granito che tanto amavano sono Tonino Brizzi di Tognara, il babbo di Sandro. Angiolino Stefanini, il babbo di Andrea del tabacchino.  Irlando Bancalà detto di Pagnotta, nonno di Andrea Rum, (il nostro musicista che suona alla Scala di Milano) e Sergio Baffigi, razza Culisse, anche lui musicista appassionato. Tutti poco più che settantenni.
Un po’ di sconforto prenderà quando transiteremo per via, ma la Settimana Santa termina con la Pasqua che si veste di azzurro e celeste, come le statue del Rexuresis  e della Madonna. Quella mattina il sole ci accoglierà, come sempre, nel suo tiepido abbraccio e noi ci faremo scaldare continuando a guardare il mare, come sempre.

Palma Silvestri (della Barroccia)