Egr. Dr. Roberto Bernabò, Direttore del quotidiano “Il Tirreno”, con riferimento all’articolo apparso in data odierna in pagina nazionale dal titolo “Liquami e veleni, quella bomba nella Concordia” di Donatella Francesconi, all’ampio risalto datogli anche in prima pagina accompagnato da altisonanti aggettivi sulla relazione dell’Ispra (“relazione choc”, “dati agghiaccianti”….) e alla conseguente distorsione dell’immagine delle attuali condizioni ambientali dell’isola che potrebbe derivarne, ritengo opportuno precisare quanto segue:

1) “I 243 metri cubi di carburanti dichiarati non pompabili, contenuti in serbatoi la cui tenuta non è assolutamente garantita rispetto all’azione aggressiva dell’acqua marina” non comportano, allo stato attuale dei fatti, alcun problema. In proposito si ricorda, che a parere di  alcuni, le operazioni di svuotamento del carburante (defueling) a suo tempo operate da Neri-Smit sull’85% delle 2400 tonnellate  di carburante potevano considerarsi non assolutamente necessarie, trattandosi di frazioni di distillato del petrolio pesanti (heavy fuel oil) che, solidificando a basse temperature, non comportavano immediato pericolo di sversamento (molti marittimi gigliesi imbarcati su petroliere riferiscono che in episodi a loro capitati in situazioni parzialmente analoghe, non disponendo della possibilità di liquefare il prodotto, non riuscivano a rimuoverlo nemmeno a colpi di piccone).

2) L’accostamento delle due frasi riportate nell’articolo “risultano invece rilevate elevate concentrazione di batteri colifecali” e “I test condotti sul batterio vibrio fischeri hanno evidenziato livelli di tossicità anche molto elevati” potrebbero ingenerare nel lettore l’erronea sensazione della presenza di vibrioni patologici (dato l’assonanza col vibrio cholerae ) mentre invece si tratta di una metodica di analisi basata sulla bioluminescenza microbica e condotte dentro e nelle immediate vicinanze del relitto (opportuno risotto lineare che il vibrio fischeri è un innocuo batterio che vive in mare da solo o in simbiosi con vari animali marini di uso comunemente commestibile).

3) Opportuno chiarire meglio che i 7500 metri quadrati di prateria di posidonia oceanica, “andata distrutta in seguito all’affondamento della Concordia e alla lunga permanenza del relitto” è dovuta non a fenomeni di tossicità ambientale ma alla mancata esposizione alla luce solare (la posidonia, come noto, non è un’alga ma una pianta ). Anche la conseguente “riduzione della produzione ittica primaria pari a 1800 kg. in un anno” riguarda quindi solo la zona antistante l’area portuale del Giglio e potrà quindi riacquisire le primitive condizioni una volta rimosso il relitto (a meno che non si decida di lasciare in sede le piattaforme in un’ottica di progetto di ripopolamento ittico sul modello di analoghe iniziative realizzate nel mar Adriatico: ma questo è comunque un argomento prematuro).

Preso atto che, durante la riunione dell’Osservatorio sulla rimozione della Concordia tenutosi in data odierna all’isola del Giglio sono stati forniti dai biologi marini dati molto più confortanti di quelli contenuti nella pur ineccepibile relazione dell’Ispra, è bene ricordare che il 99% del mare che circonda l’isola ha una qualità delle acque ottimale, assolutamente inalterata e priva di qualsiasi contaminazione.

E’ doveroso quindi riportare l’informazione in confini più realistici senza enfatizzazioni allarmistiche. E’ inoltre dovere di ogni persona che ha a cuore gli interessi dell’isola del Giglio trattenere in questa fase il fiato e aspettare la rimozione del relitto che, auspichiamo, avvenga in tempi brevi e soprattutto senza ulteriori incidenti.

Per molte persone questa è una vicenda che è cominciata il 13 gennaio 2012 e causata da una maldestra manovra. Per altre persone la storia dell’isola del Giglio comincia molto tempo prima e contempla aspetti e situazioni che avrebbero potuto evitare tale tragedia. Con chi ha responsabilità per aver fatto scelte amministrative dimostratesi  scellerate, faremo i conti dopo.

Dr. Armando Schiaffino – ex Sindaco Isola del Giglio